Una delle mete più ambite, uno dei Paesi più lontani, uno stato che risulta sempre al top delle classifiche sul benessere sociale. Ma come si vive davvero down under?
“Penso che l’Australia, negli anni settanta e ottanta, avesse una posizione leader per i diritti LGBT, salvo poi fare passi indietro negli anni novanta, quando i conservativi furono alla guida del governo. La battaglia per il riconoscimento al matrimonio egualitario è stata molto più lunga di quanto chiunque si sarebbe aspettato.”
afferma sicuro Mario Paez, proprietario di Planetdwellers, un’agenzia di viaggi nel quartiere gay di Sidney. L’Australia, in quanto colonia inglese, ha sempre adottato leggi e regolamenti dettati dalla corona. Fino a cento anni fa l’omosessualità era punita con la pena di morte. Dal 1949 iniziò ad essere punita con l’ergastolo. Successivamente è stata punita con una sanzione fino a metà degli anni settanta in alcuni territori e addirittura fino agli anni novanta in altri. Ma fu solo nel 2013 che si sancì l’illegalità della discriminazione in base all’orientamento sessuale e solo nel 2017 il matrimonio egualitario divenne legale.
“Molti turisti che visitavano l’Australia rimanevano scioccati quando scoprivano che non avevamo il diritto al matrimonio egualitario, specialmente dopo che gli Stati Uniti l’avevano introdotto”continua a raccontarmi Mario.
Ancora nel 2004 un emendamento al Mariage Act sottolineava che il matrimonio era un’unione tra uomo e donna, e il governo australiano ha continuato per molti anni su questa linea bocciando le proposte di legge a favore del matrimonio ugualitario del 2010, 2012 e 2013. Solo nel settembre del 2017 venne data la possibilità ai cittadini australiani di esprimersi circa il matrimonio egualitario attraverso un plebiscito postale, che comunque non sarebbe stato vincolante per il governo quanto un referendum. Ovviamente, con più del 60% dei voti, stravinse il sì. Fu proprio in questo periodo che il deputato liberale Tim Wilson, mentre era in parlamento, fece una proposta di matrimonio che in poche ore fece il giro del mondo al compagno Ryan Bolger. Un segnale forte, supportato dall’opinione pubblica, che portò il parlamento ad emanare una legge per i matrimoni egualitari nel dicembre 2017 e che portò l’allora neo eletto vice premier Michael McCormack a chiedere pubblicamente scusa a tutta la comunità LGBT per posizioni omofobe assunte nel corso degli anni.
A coronare il tutto, nel 2018 anche il Territorio del Nord legalizzò il diritto all’adozione per le coppie omosessuali, processo iniziato nel 2002 in Australia Occidentale.
“Anche se tutto sembra perfetto, non è sicuro credere di aver terminato la battaglia, non dobbiamo perdere di vista i nostri diritti e mai quanto in questo momento è importante assicurarci di non fare passi indietro” afferma sicuro Mario che continua spiegando che “stiamo per affrontare un immenso dibattito e una lunga battaglia sul rapporto LGBT+ e libertà religiosa. (…) Credo che sarà una dura battaglia per tutti, e sarà spiacevole dover scegliere se essere LGBT+ o credente. Ora come ora ciò di cui l’Australia ha bisogno è un approccio inclusivo e comprensivo nonché anteporre ad ogni cosa la felicità di ogni essere umano.”.
Proprio in questi mesi infatti è in corso un dibattitto circa la possibilità di discriminare la comunità LGBT in nome di una determinata religione e della loro libertà di coscienza. In altre parole una sorta di braccio di ferro tra dogmi religiosi e libertà di essere che, se la legge venisse approvata, riconoscerebbe il diritto alle organizzazioni religiose quali scuole, case di cura, … di licenziare lavoratori o cacciare studenti perché non eterosessuali. Sebbene il dibattito politico sul religious discrimination bill sia molto acceso, secondo alcune statistiche l’80% della popolazione è contraria a questo tipo di discriminazioni e per tutto il mese di agosto, nelle principali città australiane, sono previste manifestazioni pro LGBT+.
Si tratta in effetti di evitare disastrosi passi indietro nei diritti umani, anche se a ben vedere sembra essere più una questione politica e di élite religiose che di volere del popolo considerando che solo un 20% degli australiani sarebbero favorevoli al disegno di legge sulla discriminazione.
A tal proposito chiedo al mio amico Mario se ha mai notato differenze sostanziali tra città e città o tra zone urbane e rurali per quanto riguarda l’inclusione della comunità LGBT. “Credo che ci sia sempre stata differenza tra città e zone rurali quando si parla di comunità LGBT+ ma sono felice di sottolineare che negli ultimi 20 anni la situazione è nettamente migliorata. (…) Ho avuto la fortuna di viaggiare molto in Australia e non ho mai avuto problemi in alcun posto che ho visitato anche se, certamente, in alcune zone particolarmente conservative o legate alla religione in qualche modo ho la sensazione di non poter essere totalmente me stesso e di dover pensare due volte prima di dire o fare qualcosa, il che è un vero peccato.”. Subito però torna a sottolineare che l’Australia è super gay friendly, probabilmente anche grazie a film come Priscilla- La regina del deserto che già nel 1994 parlò delle avventure di un transessuale e due drag queen e di temi importanti come una nuova sessualità scoperta dopo un matrimonio etero o la paura di non essere accettato da un figlio per quello che si è.
“Sydney sarà sempre famosa per essere super gay friendly, grazie al famosissimo Sydney Gay and Lesbian Mardi Gras” ma anche grazie a un florido quartiere gay e la sua famosissima Oxford Street. Il Mardi Gras attrae sempre moltissimi turisti Down Under al punto di avere il pieno sostegno del ministero del turismo. La manifestazione consiste in una serie di eventi, manifestazioni, dibattiti e momenti di festa per culminare con la famosissima Mardi Gras Parade. Il Mardi Gras è nato nel giugno del 1978 come manifestazione pacifica di protesta contro i moti di Stonewall crescendo negli anni fino a contare più di 35 eventi ad edizione e ad essere spostato in piena estate, ovvero nel periodo a cavallo tra febbraio e marzo. Il successo del Mardi Gras è stato davvero enorme e questo ha portato una grande attenzione mediatica, governativa e di sponsor con il risultato di aver dato un enorme contributo alla diffusione di una politica altamente inclusiva in tutta l’Australia oltre ad aver diffuso l’immagine dell’Australia come paese gay friendly e all’avanguardia nei diritti LGBT in tutto il mondo.
In effetti il Paese Down Under è una meta stupenda e super gettonata, che offre spiagge magnifiche e bianchissime sulla Gold Coast o spiagge super glamour come la Lady Jane Beach, nudista e famosissima tra la comunità gay. Down Under troviamo città moderne e multietniche come Sydney o Melbourne, famose per i loro quartieri gay e per gli eventi legati al mondo LGBT.
Mario, che ora ha 49 anni, ricorda con un sorriso quando fece coming out a 18 anni e mi racconta che sono ormai 14 anni che è innamoratissimo del suo compagno, un emigrato canadese. Parlando di sentimenti Mario si illumina e mi racconta che si commuove sempre quando organizza viaggi per gli anniversari di 15,20,25 o addirittura 50 anni di matrimonio. “Amo ascoltare le loro storie, come si sono conosciuti in tempi così diversi da quelli attuali e ciò rende le loro storie ancora più romantiche”.
Sì, l’Australia è davvero un mondo Down Under, magnifica nel suo multiculturalismo, bellissima, ricca di contraddizioni ma decisa a risolverle, giovane e aperta. Più di dieci anni fa vissi per qualche mese a Brisbane e mi innamorai subito di questo magnifico Paese. Provare per credere.
Redazione lgbtitalia.it – Lisa Barillà